Nel 1989, tra una trattativa immobiliare e un’apparizione in TV, Donald Trump decise di entrare anche nel mondo del ciclismo, dando vita a una gara epica: il Tour de Trump. L’ambizione? Creare un evento che potesse rivaleggiare con il Tour de France. Il risultato? Una gara tra il surrealismo e l’assurdo, degna del personaggio che l’aveva ideata.
Un Sogno Grande Come Trump
Quando Trump lanciò l’idea del Tour de Trump, la sua fama di imprenditore stravagante e ambizioso era già consolidata. La gara, progettata come una manifestazione ciclistica di 10 giorni e circa 800 miglia, si snodava tra New York e Atlantic City, sede del suo impero casinò, e attraversava cinque stati dell’Est americano. L’evento raccolse nomi importanti del ciclismo, inclusi campioni del calibro di Greg LeMond, attirando anche squadre professionistiche europee e, come tocco di “classe”, una squadra olandese sponsorizzata da un bordello!
Nonostante l’entusiasmo iniziale, le sfide organizzative e logistiche non mancarono. L’ultima tappa della prima edizione fu un piccolo scandalo: il ciclista belga Eric Vanderaerden perse la vittoria per aver seguito un percorso sbagliato, portando le accuse di pessima segnalazione del percorso.
Un Simbolo Di Eccesso
Il Tour de Trump divenne rapidamente un evento controverso, con Trump stesso al centro dell’attenzione. Alla partenza ad Albany, il magnate si trovò a dover gestire sia il sostegno che le proteste, con cartelli contro l’avarizia degli anni ’80. Slogan come “Fight Trumpism” e “Trump = Lord of the Flies” salutarono i ciclisti durante la gara, evidenziando quanto Trump fosse già una figura divisiva e polarizzante.
Uno degli aneddoti più emblematici riguarda l’accordo con il proprietario di un circuito di corse di cavalli a Baltimore. L’organizzatore, Billy Packer, si trovò costretto a promettere l’ormeggio dello yacht di Trump, il Trump Princess, come condizione per il passaggio della gara in città. Questa enorme barca di lusso, simbolo di sfarzo eccessivo, era stata acquistata per 29 milioni di dollari da un famigerato trafficante d’armi saudita. Più che una gara ciclistica, insomma, sembrava un’esposizione delle stravaganze di Trump.
Il Declino E La Fine
Dopo due anni, il Tour de Trump cambiò nome e divenne il Tour DuPont, con il nuovo sponsor chimico. Trump, alle prese con difficoltà finanziarie, lasciò la sponsorizzazione, e l’evento cercò una nuova identità, prima di svanire del tutto nel 1996. Eppure, in quei due anni di Tour de Trump, il ciclismo statunitense ricevette una vetrina inedita, seppur per ragioni non proprio sportive.
Il Tour de Trump rimane un capitolo singolare nella storia del ciclismo americano e un simbolo di come persino uno sport di fatica e sudore possa trasformarsi in spettacolo e marketing.
Oggi, con la rielezione di Donald Trump, il parallelismo con il Tour de Trump risulta più che mai azzeccato.
Come allora, Trump si riafferma non solo come protagonista, ma come una figura che divide e accende passioni.
Se nel ciclismo ha saputo portare un mix di spettacolo e controversia, oggi, in politica, resta fedele alla stessa formula: colpi di scena, eccessi e la capacità unica di attirare su di sé l’attenzione di tutti.